OMELIA
della Domenica
e ...
quelle precedenti
Domenica delle Palme 2005
Dai
«Discorsi» di sant'Andrea di Creta, vescovo
(Disc. 9 sulle Palme; PG 97, 990-994)
Manca
solo una settimana alla Pasqua: oggi la Chiesa celebra la Domenica delle Palme e
della Passione del Signore; ricorderemo l’ingresso trionfale in Gerusalemme e
la sua Passione, sacrificio segno dell’Amore di Cristo per noi.
Ci
aiuterà nella meditazione, Sant’Andrea di Creta.
Leggiamo:
Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che
oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata
passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. E' disceso dal cielo, per
farci salire con sé lassù «al di sopra di ogni principato e autorità, di
ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare» (Ef 1,
21). Venne non per conquistare la gloria, non nello sfarzo e nella spettacolarità,
«Non contenderà», dice, «né griderà, né si udrà sulle piazze la sua voce»
(Mt 12, 19). Sarà mansueto e umile, ed entrerà con un vestito dimesso e in
condizione di povertà.
Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo
coloro che gli andarono incontro. Non però per stendere davanti a lui lungo il
suo cammino rami d'olivo o di palme, tappeti o altre cose del genere, ma come
per stendere in umile prostrazione e in profonda adorazione dinanzi ai suoi
piedi le nostre persone. Accogliamo così il Verbo di Dio che si avanza e
riceviamo in noi stessi quel Dio che nessun luogo può contenere. Egli, che è
la mansuetudine stessa, gode i venire a noi mansueto. Sale, per così dire,
sopra il crepuscolo del nostro orgoglio, o meglio entra nell'ombra della nostra
infinita bassezza, si fa nostro intimo, diventa uno di noi per sollevarci e
ricondurci a sé.
Egli salì «verso oriente sopra i cieli dei cieli» (cfr. Sal 67, 34) cioè al
culmine della gloria e del suo trionfo divino, come principio e anticipazione
della nostra condizione futura. Tuttavia non abbandona il genere umano perché
lo ama, perché vuole sublimare con sé la natura umana, innalzandola dalle
bassezze della terra verso la gloria. Stendiamo, dunque, umilmente innanzi a
Cristo noi stessi, piuttosto che le tuniche o i rami inanimati e le verdi fronde
che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la
linfa, anche il loro verde. Stendiamo noi stessi rivestiti della sua grazia, o
meglio, di tutto lui stesso poiché quanti siamo stati battezzati in Cristo, ci
siamo rivestiti di Cristo (cfr. Gal 3, 27) e prostriamoci ai suoi piedi come
tuniche distese.
Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi in virtù del lavacro
battesimale della salvezza, siamo arrivati al candore della lana per poter
offrire al vincitore della morte non più semplici rami di palma, ma trofei di
vittoria. Agitando i rami spirituali dell'anima, anche noi ogni giorno, assieme
ai fanciulli, acclamiamo santamente: «Benedetto colui che viene nel nome del
Signore, il re d'Israele».